Il clone del Dicodes – l’SDI60 di SXK

Cloni…

Io non sono di partenza sfavorevole ai cloni, sono un’ottima unità di misura della qualità di un prodotto: se un prodotto non viene clonato significa che è impossibile produrlo a prezzi economici e quindi la componente artigianale e la qualità dei materiali “pesano” tanto nel prezzo finale, se un prodotto viene clonato e il clone è di pessima qualità vuol dire che l’originale era un prodotto di pregio, se un clone risulta di ottima qualità vuol dire che l’originale non era così pregiato come lo si credeva visto che i cinesi, a un prezzo abissalmente più basso riescono a fare un prodotto identico non solo nella forma ma (soprattutto) nella qualità.


In quattordici anni di svapo ne ho viste tante, come cinesi che iniziarono col copiare il prodotto dei modder per poi diventarne soci (Ambition Mods è il brand “elegante” che produce in collaborazione coi modder italiani di SXK, brand una volta odiatissimo dagli stessi modder, a marchio SXK clona ancora qualche atom ma le box, il “clone” di prezzo maggiore lo fano a marchio 5Avape.
Ambition Mods che, autorizzati dai modder, replica prodotti, la Easy prodotta da Ambition  Mods è esattamente UGUALE anche come packaging di vendita alla Easy di Sunbox, solo che una monta l’Ambition Mods 60w, l’altra il DNA60 senza porta USB > che in fin dei conti è lo stesso circuito e la 3.0, la prima boro mod a marchio Ambition Mods è una conversione della Zero Boro (una delle mie boro mod preferite) da circuitata Dicodes in monopulsante a Ambition Mods 60w a tre pulsanti.
Modder italiani che facevano produrre in Cina (tanto che spesso andavano in vendita prima i cloni usciti dalla stessa fabbrica che l’originale) e, infine, Modder che in collaborazione con i cinesi producono ottimi originali (come i Ripley e i due Bishop), prodotti ottimi e dal prezzo di acquisto ragionevole tanto che ormai comprarsi la copiaccia cinese di atom famosi (i veri cloni) ormai sono solo soldi buttati.

E i circuiti?
Una volta uscivano cloni copiati aCCazzo come tanti DNA30 che rispetto all’originale erano lenti in attivazione e avevano durate d’uso pietose ma anche cloni migliori dell’originale come l’Yihi SX300 prima versione, nato come clone del DNA30 ma che aveva una gestione di batteria migliore e anche prestazioni più “divertenti” nello svapo in sub Ohm ma l’anno 2015 arriva e cambia le carte in tavola: escono le nuove regulatory (norme disciplinari) dei prodotti da svapo negli USA, talmente capestro che alcuni grandi marchi cessano la produzione (ProVape, Hana Modz, Vaporshark e Vape Forward), altri (DotMod e Evolv) mantengono la progettazione (non disciplinata) negli USA mentre vanno a produrre in Cina.

E così dal DNA40 in poi anche gli americanissimi Evolv diventano in tutto e per tutto un prodotto cinese, prodotto nelle fabbriche di Shenzen come quasi tutto il resto del prodotto da svapo che di americano mantengono solo il software dei circuiti, per altro fermo al 2016.
E dalla stessa fabbrica che produce i DNA60 è sufficiente fare uscire circuiti lievemente modificati (come non “stampare” sulla scheda del circuito la pressa a cui collegare la presa micro USB per collegarla a eScribe (strano, tutte le box a circuito Ambition Mods 60w sono prive della ricarica via porta USB…) e inibire gli ultimi 4 degli 8 preset dei modi di funzionamento, quelli che Evolv non preimposta dalla fabbrica.
Copia del DNA60 sì, ma che, dati gli identici scassi e la completa compatibilità e intercambiabilità, puo andare anche installato su cloni di prodotti equipaggiati con il BF60 di Dicodes (che però è installato per lo più su mod high end e non clonabili con costi di produzione bassi)…
E tutto ciò è una fortuna, il primo tentativo di “sostitutivo” del DNA60 era un circuito abbastanza scarso e di scarsa durata, il Sevo70 che come unico pregio aveva la funzione bypass, come difetti un TC del tutto inaffidabile e sballato e la scarsa durata (difficilmente questi circuiti passavano funzionanti l’anno di vita).
E il secondo è il Sevo60 che monta un display “big” e che ha scassi non compatibili coi DNA60, che non ha il difetto di andare fuori uso presto come il 70w (di cui è un derivato a potenza ridotta) e di conseguenza poco fruibile tant’è che ha equipaggiato solo la Ultroner Victory di SXK (la Ultroner Alieno invece usciva o col DNA60 originale o col Sevo 70).

Ma su dispositivi che nascevano equipaggiati dal Dicodes V3, schermo piccolo e magari settabile in monopulsante?

L’ SDI60.

Terribili i circuiti a marchio SXK. Ma qualcuno era ben riuscito.

Per curiosità compro la Bantam Box , una specie di Billet Box “dimezzata” in altezza, equipaggiata di batteria 18350, un ottimo dispositivo di dimensioni compatte e dal prezzo economico che mi è molto piaciuto.
Montava un circuito Sevo30 che rispetto al “fratello maggiore” usciva limitato a 30 watt e con un minimo coil leggibile da 0.5 ohm, privo della modalità TC ma (dalla seconda versione firmware) dotato delle modalità di erogazioni selezionabili (Soft, Norm(al) e Hard), un circuito dai consumi di batteria onesti e pure robusto, dopo averci fatto una estate intera usandola al caldo e spesso facendola cadere in mezzo alla sabbia in spiaggia la mia Bantam Box ancora funziona senza problemi.
E, come vantaggio, un display piccolo ma ben leggibile e completo di tutte le indicazioni necessarie per impostare correttamente e comodamente la box.

Guardo in giro, esce la DelRo D650, a differenza della D60e che l’ha preceduta è dotata di batteria 18650 sostituibile (ho odiato la D60e, cara impestata ma dotata di una batteria LiPo fissa e pure quasi impossibile da smontare in caso di sostituzione) e SXK ne mette fuori un clone anche se “non troppo”: l’originale era equipaggiato del solo pulsante Fire e di un circuito Dicodes EC23 (o V3, come lo chiamiamo noi ignoranti), la versione “copiata” di SXK pur essendo identica nelle dimensioni (anche del foro del display) compaiono i due pulsanti di regolazione potenza che sull’originale mancano.
E monta un circuito nuovo, l’SDI60 di SXK di cui sono molto curioso…

“Ma è un clone…”

Certo, ma anche la prima DelRo nacque come clone della Billet Box Rev3 (la versione precedente a quella che conosciamo tutti) a cui era stato sostituito il circuito varivolt con regolazione a potenziometro con un DNA40 di Evolv e le due batterie 16350 in serie con un pacchetto LiPo chiuso con uno sportellino serrato a viti.

Ok, la provo.

Non parlo della box, in fin dei conti nemmeno l’originale della D60e che ho avuto e che ho venduto in fretta era un mostro di qualità di assemblaggio nè di scelta dei materiali, mi limito al circuito.

Display delle stesse dimensioni del Dicodes V3, riporta come indicazioni in grande il wattaggio impostato con i due pulsanti più piccoli, il valore di resistenza in Ohm della coil installata, il voltaggio in erogazione ricavato dalla potenza impostata e dalla resistenza della coil, un contapuff (o contatore di svapate) e un indicatore grafico col simbolo della batteria ad indicare lo stato di carica della 18650 installata.

Circuito con poche funzioni: con cinque pressioni del tasto fire si accende e si spegne, con tre pressioni il display si capovolge (per renderlo leggibile anche nel caso venga impugnata da mancini) e con la pressione contemporanea dei due switch di potenza viene bloccata l’impostazione della potenza, per evitare che venga involontariamente sregolata nel caso di pressioni casuali e fortuite.

Niente modalità bypass, niente modalità controllo di temperatura, niente curve di erogazione selezionabili, un circuito variwatt “basic” come non ne giravano dai tempi dei vecchi DNA30.

Lo provo…

La prova

Preparo tre boro per fare la prova (quelli classici “a vetrino” per la Billet Box), uno “morbido” con le classiche coil Nautilus da 1 ohm a mesh, reattive e che vanno bene ovunque, anche su meccanico e mosfet, una classica Nautilus da 1.8 ohm BVC per alzare un po’ di voltaggio e una Subtank di Kanger SSOCC (acciaio, 0.5 ohm, coil più che altro adatta per tiro di polmone), su tutte lo stesso tabaccoso, l’ER Nocciola di Azhad miscelato 70/30 a 4mg/ml di nicotina in Sali.

Circuito “furbo”, fino ai 30 watt permette di impostare la potenza a step di 0.1 watt, sopra i 30 watt (potenza più che altro adatta a tiro di polmone, dove non è necessario impostare la potenza al decimo di watt) la potenza è settabile a step di 0.5 volt.

E’ un circuito semplice, il classico circuito “cinese” stile Joyetech che stabilizza il voltaggio tramite PWM (ovvero addizionando alla tensione ceduta dalla batteria un secondo segnale in modo da generare il voltaggio necessario per generare la potenza in watt impostata) e ce ne si accorge “spostando” il boro su una Billet Box DNA60 (col firmware originale Evolv che non abilita il boost) dove il circuito Evolv che stabilizza il voltaggio tramite amplificazione di potenza esce più “corposo” e per avere la stessa resa in svapata richiede di impostare 1watt/1watt e mezzo in meno sulle coil più alte e fino a 4 watt (a mio palato) con le coil da 0.5 ohm, tutte le configurazioni a resistenza più bassa sono più sensibili ai circuiti “furbi”), con la coil da 0.5 ohm stenta ma con la 1 ohm ma soprattutto con la 1.8 ohm (più una coil ha resistenza alta e quindi una minor reattività meno sente la minor aggressività della stabilizzazione del voltaggio tramite PWM) garantendo una buona svapata.

Circuito “minimal”, tramite i due pulsanti è possibile impostare la potenza desiderata mentre premendoli tutti e due contemporaneamente si attiva il classico “power lock” ovvero il blocco della potenza impostata senza che pressioni accidentali dei tasti possano disimpostarne il valore magari alzandolo troppo e bruciando il cotone del corpo assorbente.

E il resto delle impostazioni minimaliste pure quelle, con cinque click consecutivi la box si accende e si spegne e con tre click si capovolge il display (nel caso venga impugnata e settata da un vaper mancino), niente fronzoli e niente di più come le curve di erogazione impostabili che erano presenti sul Sevo30 v2 che equipaggiava la Bantam.

Una cosa che mi sta piacendo un sacco sono i bassissimi consumi di batteria: ricominciato tutto daccapo, la “morte sua” è la coil da 1.0 ohm, vivace anche se il circuito non è cattivissimo, a quasi 330 puff fatti il display indica il consumo di una sola tacca delle sei dell’indicatore di batteria e anche togliendo la mia LG marrone per installarla su una Billet Box DNA60 la batteria viene indicata come carica al 75%, che è tutto sommato un ottimo risultato.

Se sia affidabile solo il tempo lo dirà, il Sevo70 e l’Ambition Mods 50 watt dopo qualche mese hanno incominciato a sbiadire la luminosità del display arrivando dopo 7/8 mesi a restare spenti (condensatori difettosi che non riaccendevano il display quando la box usciva dallo stato di stand by) mentre il Sevo30 della Bantam dopo un anno e mezzo il suo sporco e ingrato lavoro lo fa ancora benissimo, come circuito semplice ed economico invece lavora parecchio bene.

Display piccolo, perfetto per essere installato su dispositivi piccoli, ha le stesse dimensioni di display di un Dicodes V3 (che però è impostabile solo tramite il pulsante fire) motivo per cui è finito installato su cloni “modificati” di box equipaggiate con quel circuito come la Apex Sixty e la Delro D650, box (già le originali) talmente semplici e “povere” di materiali e di contenuti tecnici tali da renderle perfette per essere scopiazzate dai cinesi (meno facile copiare un Dicodes V3 o una Hoko di Mod Corporation, prodotti con progettazione e qualità costruttiva molto alta e difficile da riprodurre in prodotti economici).

Dicevo, circuito tutto sommato buono, per adesso finito installato solo su cloni di box famose ma che potrebbe fare buona figura anche su mini dispositivi economici.

In fin dei conti, dalla Orion di Lost Vape circuitata col DNA Go di Evolv nessuno ha più fatto pod o dispositivi mini con la sola regolazione dei watt (tutte a voltaggio stabilizzato a 3.7 volt) e secondo me senza andare sulle pod pennette-giocattolo un dispositivo economico e tascabile con quel circuito potrebbe avere un suo senso.

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