Riconoscere la "buona box" parte prima - la "vaschetta" 510

 

Come è fatta una buona (e bella) box?
Da tutto un insieme di particolari curati e di assemblaggi fatti a regola d’arte, alcuni possono essere visti a box aperta, altri immediatamente, a vista.

La vaschetta

La “vaschetta” (o pin 510) è il primo particolare che si nota nella box ma è un particolare che tutti trascurano e non considerano mentre è un particolare MOLTO importante.

E come sono fatte?

La vaschetta “a gommino”

Il primo fissaggio 510 utilizzato ma che purtroppo resta ancora presente su molte box di fascia economica per la sua facilità ed economicità di produzione, è il classico piattello circolare semplicemente appoggiato (e tenuto fermo dal cavo di alimentazione del positivo) adagiato su un “cuscinetto” a gommino di silicone che funge da isolante (perché la ghiera avvitata di fissaggio e il resto delle componenti metalliche del fissaggio sono tutte collegate a massa, al negativo dell’alimentazione).

Adattatore che si usava una volta per 
regolare l'airflow negli atom che ne
erano sprovvisti e anche l'altezza dell'atom
negli attacchi a piattello fisso

Soluzione molto economica nata nella preistoria dello svapo, poteva essere sufficiente su dispositivi scadenti “usa e getta” come le vecchie batterie eGo ma su prodotti che si spera siano durevoli davano un sacco di problemi.

Intanto, se forzato e se il cavetto di alimentazione che lo fissa si allenta, il piattello si muove e va a contatto con le altre parti metalliche generano il classico errore “Shorted” (cortocircuito) tipico di alcune box anche senza atomizzatore installato.
Occorre fissare l’atomizzatore con assoluta delicatezza, per evitare che il cuscinetto di silicone venga schiacciato e deformato, e nel caso incassandosi e diventando più “basso” non genera più contatto con l’atomizzatore (l’errore “Check atomizer” che può presentarsi durante l’uso).

Soluzione, aprendo una graffetta metallica con la punta bisogna girare intorno al pin, con delicatezza per evitare di forzarlo in maniera di disincastrarlo e fargli riprendere contatto con la base dell’atomizzatore.

Altro problema grosso, il piattello-isolatore in caso di perdite di liquido dall’atomizzatore fa da “vasca” e, fino a che non si asciugano spontaneamente bene (non va forzato), residui di liquido che spesso generano anche ossidazioni restano sotto il piattello di contatto generando cortocircuito o, nel migliore dei casi, letture della resistenza sballate.

Altro tipo di problema, l’atom se ha il pin del positivo lungo o sporgente va fissato con delicatezza evitando di forzare il suo montaggio se resta sporgente, a battuta con la scocca perché, nella migliore delle ipotesi, il piattello schiacciato farà leggere una resistenza più alta dell’effettivo mentre nella peggiore si rischia di rompere il contatto del positivo.

Nel caso contrario, non potendo intervenire in altezza, l’atom non riesce ad andare a contatto e di conseguenza non viene alimentato: una volta erano presenti sul mercato degli adattatori intermedi (“un piattello per il piattello”) che ad escursione regolabile permetteva il contatto, soluzione funzionante ma precaria, esteticamente brutta e che spesso generava letture sbagliate della resistenza.

Per i cultori dello svapo in controllo di temperatura è una soluzione pessima, visto che la base del buon funzionamento di un TC è una lettura stabile e precisa del valore di resistenza in ohm della coil, cosa assolutamente impossibile con questo tipo di fissaggio rendendolo a malapena utilizzabile in modalità variwatt.

Ed infine, la scarsa robustezza, se tale meccanismo poteva avere un senso su una batteria eGo che si e no dopo sei mesi era da buttare, ne ha di meno su una battery box che costi più di 30 o 40 euro e che abbia la batteria sostituibile, da cui ci si aspettano robustezza e durate d’uso.

Ed è un problema serio, spesso vengo contattato via messenger da vapers che hanno questo tipo di problema, la box che non legge più l’atom.
E non ci sono soluzioni, per sostituire la vaschetta 510 servono una decina di euro di ricambi e il lavoro di un elettrotecnico bravo col saldatore e non ha senso spendere in riparazione più del valore della box.

Pin 510 regolabili a vite


Successivamente, su dispositivi se non high end almeno di miglior qualità venne introdotto il pin regolabile manualmente a vite costituito da una vite cilindrica che scorre in un cilindretto filettato che funge da fermo, isolato dalla “messa a massa” da un ulteriore cilindretto esterno in peek o in materiale plastico.
Classico connettore 510 regolabile a
Vite

Difetti, sono la necessita di avere sempre un cacciavitino a disposizione la prima volta che viene montato l’atom, per poter “registrare” con esattezza la sua altezza in modo di avere un perfetto contatto tra positivo della box e pin centrale dell’atomizzatore, l’altro avere sempre manine delicate nel regolarlo, perché nel caso lo si sfili troppo fuoriesce dalle guide e occorrono poi pazienza e manine da orologiaio per rimontarlo mentre alcuni pin non dotati di fermo di fine corsa si rischia, avvitandolo troppo, di farlo rientrare all’interno della box rendendolo non più regolabile.

Pregi? Ovviamente la robustezza, se utilizzato con i dovuti modi e precauzioni è un fissaggio praticamente indistruttibile e garantisce un collegamento “perfetto” senza pressioni ne sforzi non necessari.
E di conseguenza nel caso si svapi in controllo di temperatura si genera una lettura di resistenza perfetta, senza che “sforzi” tra i contatti generino errori nella lettura di resistenza mentre sulle box bottom feeder garantisce un contatto perfettamente sigillato tra i due pin forati della box e dell’atom, garantendo una canalizzazione precisa del liquido senza perdite ne leaking, mentre sulla Therion DNA75 BF (che era la Therion standard a cui una delle due batterie è stata sostituita dalla boccetta del liquido) che aveva il pin sì bf, ma autoregistrante a molla, soffriva spessissimo di perdite e “colature” di liquido dal contatto box-atomizzatore.

Autoregistranti a molla

Classico attacco "fat daddy" autoregolante
a molal

Altro modello di connettore 510 che ha sempre più preso piede è quello col piattello del positivo autoregolante a molla.
Una molla sottostante si preoccupa di tenerlo sollevato e a contatto con il pin dell’atomizzatore e, quasi tutti con un isolamento cilindrico esterno in peek per evitare che il blocco piattello-molla vada a contatto con altre parti metalliche esterne causando un cortocircuito.

L’aspetto fondamentale per riconoscere un buon pin autoregistrante è la morbidezza e la continuità del molleggio del piattello, perché un piattello con un molleggio più duro col tempo ha una maggior possibilità di restare incastrato o di avere discontinuità nel movimento, causando problemi di lettura alla coil mentre un molleggio morbido manda semplicemente a contatto i pin positivi della box e dell’atomizzatore senza che, pressioni eccessive, possano causare letture di resistenza più alte di quelle reali.

Piattello morbido…. E’ di fondamentale importanza se si svapa in controllo di temperatura perché garantisce letture più precise della resistenza della coil installata.

Meglio pin autoregistrante o a regolazione manuale? Ognuno ha le sue opinioni, i “puristi” preferiscono quelli a regolazione a vite, i più “comodi” preferiscono gli autoregistranti, mi è capitato di trovare spesso pin a molla dal funzionamento “impeccabile”, senza problemi di funzionamento ma facili e sempre “pronti” senza dover lavorare con il cacciavitino.

Piattello a contatto


Altra modalità di collegamento è il famoso piattello fisso a contatto, tipico delle AIO box e delle boro mod dove il boro (tank) contiene un bridge (blocco rigenerabile o adattatore per testine) che per motivi di comodità non vengono fissati per avvitamento ma semplicemente col piattello della box (contatto del positivo) mentre la messa a massa della coil avviene tramite il nut di fissaggio del drip tip che va a contatto col “camino” del bridge o dell’adattatore per testine.

Grezzo connettore "ad appoggio" di una
Billet Box

Collegamento semplice da costruire ma che ha qualche difetto: la lettura di coil semplicemente tramite appoggio è estremamente imprecisa e un avvitamento troppo stretto del nut (se non sufficientemente stretto non fa sufficiente contatto elettrico e segnala “check atomizer” ovvero non lo rileva o “Low res” ovvero il contatto è insufficiente e viene sì letta una resistenza, ma con un valore in ohm troppo basso per essere gestito dalla box.
Altro problema, sta nell’azzeccare il corretto avvitamento del nut, se troppo lento viene letta una resistenza troppo bassa, se troppo avvitato al contrari la lettura viene sbagliata per eccesso; in poche parole, se uno vuole passare una serata “freak” svapando in controllo temperatura con una boro mod ci può stare, ma come connessione viene sconsigliata dai “puristi” del TC, anche se qualche boro mod (a me è capitato con la Unica di Art&Mods, la Zeppelin di Epsilon Forth e la Nodale di Telli’s Mod, si riusciva ad avere abbastanza facilmente una lettura di coil affidabile anche per l’uso del circuito TC.

Attacco ibrido

Altra modalità di collegamento atom-box è tramite il famoso “attacco ibrido” che ormai rimane solo sui big battery “tuboni” meccanici.

In realtà non è una vera e propria “tazza” non avendo un pin del positivo, il contatto elettrico tra il pin dell’atomizzatore e l’apparato avviene direttamente per appoggio sul contatto della batteria.

“Grezzata” che viene dal passato remoto dello svapo e dai primi tubi veramente fatti artigianali al tornio uno per uno dieci anni fa, è costituito semplicemente da una rondella forata e filettata in cui viene avvitato l’atomizzatore.

Soluzione tecnica molto economica e che viene venduta come “american style” (non necessariamente i tubi meccanici DEBBONO essere ad attacco ibrido, molti tubi del modder GUS sono meccanici sì (anche se con fusibile di protezione da sovrascariche) ma sono dotati di un attacco 510 standard.

Semplici, economici e facili da produrre, fanno molto “advanced vaper” ma hanno un limite pericoloso: debbono essere usati solo atomizzatori con il pin del positivo MOLTO sporgente in modo che SOLO il positivo dell’atomizzatore vada a contatto con il top (contatto positivo) della batteria lasciando che solo la filettatura di avvitamento dell’atom vada a contatto con la rondella che fa da attacco perché, se dovessero andare sia il piattello sia la filettatura a contatto col pin del positivo della batteria (capita nel caso di pin non sporgenti e raso filettatura di avvitamento) generando, al di fuori del pulsante di attivazione, un perfetto cortocircuito con surriscaldamento del tubo e via via fino alla messa fuori uso della batteria, essendo questa forse la causa più frequente di danni nell’uso di apparati da svapo.

“Tanto c’è”, ma in realtà già valutare come è costruito (tecnicamente e qualitativamente) l’attacco 510 del nostro dispositivo ci fa capire subito se è adeguato al tipo di utillizzo (MTL, “polmone” o uso su dispositivi privi di circuito) e quanto può essere robusto e quindi durevole nel tempo la nostra box.

 

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