Cloni e non cloni

Cloni o non cloni?

Premesso: se si parla di clone, lo stesso NON deve riportare scritte citanti il produttore o il nome del prodotto originale perché, ove indebitamente presenti costituiscono reato specificatamente previsto e sanzionato dal Codice Penale, parliamo solo di prodotto che riporta parzialmente o totalmente (clone 1:1) le fattezze e/o i contenuti tecnici del prodotto originale ma riconoscibile nel suo non essere originale per non far incorrere al potenziale acquirente il rischio di essere truffato (pagare per originale un prodotto che non lo è).

E, per fare valutazioni, non prendo a base quello che viene detto “l’atomizzatore più clonato al mondo” perché è un prodotto commercialmente modesto, dal prezzo di vendita basso (massimo 130/150 euro originale) e con una diffusione molto limitata.

Vado invece a prendere come esempio un prodotto MOLTO più diffuso, in produzione da 70 anni, dal costo minimo dai 1’400 ai 4’000 euro (i modelli speciali a tiratura limitata), un prodotto che ha fatto la storia della musica moderna, la Fender Stratocaster, la chitarra più venduta e suonata nella storia.

Una Fender Stratocaster

Domanda: se produco strumenti musicali di fascia economica e voglio farmi mercato, perché non produrre una copia della chitarra suonata da chiunque, da Eric Clapton a Jimi Hendrix e Ritchie Blackmore (fra gli altri)  fino a The Edge degli U2 ai giorni nostri passando per alcuni jazzisti famosi come Larry Carlton, Lee Ritenour o Steve Lukather, uno strumento che per duttilità di suoni o facilità di settaggio è ancora quello preferito dai musicisti professionisti?

E da cinquant’anni almeno non c’è un produttore di chitarre di fascia medio bassa che non abbia prodotto un modello copia della Fender Stratocaster (ovviamente copiandone la linea ma non i loghi, il marchio è di proprietà del colosso americano CBS pieno di avvocati da fare lavorare, al bisogno) e addirittura alcuni dei “grossi nomi” di questi giorni iniziarono con copie 1:1 di tale prodotto (Yamaha Guitars e Ibanez, anche tramite il sottomarchio Cimar), altri (Charvel – Jackson, Music Man, G&L) con strumenti che avevano innovazioni e modifiche ma che lasciavano trasparire in tutto il modello originario da cui erano derivati.

E nessuna polemica da parte di Fender, il cliente che intendeva fare usi professionali aveva necessariamente bisogno di uno strumento performante e quindi non avrebbe mai comprato la copia, il principiante con poca capacità di spesa avrebbe comprato il clone perché non avrebbe mai avuto la disponibilità economica (almeno all’inizio, quando iniziava a studiare lo strumento) per comprarsi l’originale.

E per quanto simili, la qualità degli assemblaggi e la scelta e l’invecchiamento dei legni usati per manico e cassa armonica se la giocano pesantemente, un clone per quanto ben costruito e assemblato non suonerà mai come una Fender Stratocaster originale e se vorrà farlo (molti liutai o produttori hi-end hanno prodotto delle Stratocaster-style di elevata qualità ma dal prezzo al livello dell’originale e talvolta anche superiore) non riusciranno a fare un prodotto super economico dal prezzo esageratamente competitivo con l’originale, che abbia il sustain (durata di nota) e le stesse sonorità della Stratocaster originale Fender.

E alcune soluzioni tecniche innovative come il tremolo (usato dai vari Jimi Hendrix, Ritchie Blackmore, Eddie Van Halen, Joe Satriani e Yngwee Malmsteen), efficiente e ben funzionante nella versione originale a produzione Fender e spesso utile solo a scordare precocemente lo strumento nei modelli più economici.

E, visto che anche il mercato del prodotto economico fa gola, Fender ha messo in produzione due serie di strumenti “ufficiali”, alcuni prodotti in Corea del Sud e Giappone marchiati Squier e una serie intermedia marchiata Fender Mexico, prodotti più economici dell’originale americano, con qualcosa di risparmiato sulla scelta dell’eccellenza dei materiali ma comunque di ottima qualità, sicuramente superiore ai cloni di fascia economica, rendendo possibile accedere ad un prodotto di qualità e se non originale almeno “patrocinato” e autorizzato da un grande marchio anche a chi aveva poche possibilità di spesa.

Industrialmente parlando, il prodotto di un certo livello qualità si autotutela, restando distinguibile dal prodotto copiato per le maggiori prestazioni e l’obbiettivo miglior livello di prodotto.

Altro aspetto: stranamente (almeno nel mondo dello svapo) si vedono andare in vendita prima i cloni che il prodotto originale; una volta usciva il prodotto originale, veniva misurato e copiato e dopo un paio di mesi almeno veniva messo in produzione, con approssimazioni e perdite qualitative (i vecchi Kayfun cloni Tobeco erano prodotti di bassa qualità costruiti un po’ a “fantasia” misurando l’originale col calibro e non essendo in grado di intercambiare la ricambistica con l’originale, oggi…)

Molti (negli USA è già una prassi, per via delle rigide normative industriali imposte da FDA) progettano in “luoghi nobili” e poi mettono in produzione in Cina, luogo dove ormai la qualità produttiva è (pagando il dovuto) molto elevata e dove far produrre a fabbriche con molte stampanti 3D o torni/frese CNC con costi di manodopera bassi permettono di avere un costo di prodotto molto ridotto e quindi massimizzare i margini di ricavo sul venduto, facendo girare solo i files di Solidworks o i print 3D necessari per la messa in produzione del prodotto.

Certo, si ordinano 200 pezzi alla fabbrica cinese, li si rimarchia, li si numera e si fa pure il certificato di autenticità e li si rivende a prezzi elevati ma è tanta la tentazione per il produttore cinese di farsi poco scrupolo e di produrne magari altri 500, rivendendoli per conto proprio (come cloni) e farsi il suo guadagno extra, come dice il proverbio, “tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”, prodotto clone identico, in grado di scambiare componentistica e ricambistica e pure costruito negli stessi identici materiali dell’originale.
Aneddoto: qualche anno fa un mio amico comprò un Kabuki di House of Hybrids su un sito cinese (Fasttech) irridendomi che l’aveva pagato 15 euro mentre il mio originale ne era costati 109.
Per dispetto, segnandoli con un graffietto di cacciavite nella parte interna, li diedi ad un mio amico di mestiere orefice e pure perito del Tribunale perché valutasse i due prodotti, senza dirgli quale fosse l’originale e quale fosse il clone: stesso materiale, stessa titolazione dell’acciaio utilizzato, stessa qualità e materiale utilizzato per le guarnizioni (o-ring), unica differenza riscontrata era che l’originale aveva il tank in vetro quarzato (più robusto) mentre il clone in normale pyrex per materiale termico (ugualmente ottimo ma meno “pregiato”).
Io restai fiero del mio originale (era un peccato sprecare un prezioso Provari 2.5 o 3 per montarci un clone sopra), però 94 euro di differenza restavano tanti.

E anche qui, il prodotto di qualità si autoprotegge: i big battery meccanici sono copiatissimi ma nessuno ha messo mai in produzione cloni di un Provari o un Dicodes Dani, anche perché a parte l’estetica le prestazioni e la qualità delle elettroniche non sono replicabili in maniera economica e provare ad imitarli più che dei cloni porterebbe a delle caricature del prodotto originale.

E, ultima tendenza, quella di “prestare” legalmente i propri prodotti ai produttori cinesi, cedendo progetti modificati in modo che ne esca un bel prodotto ma che sia riconoscibile come non originale del modder, meglio incassare il 10% su una box cinese che il nulla su una box copiata e in questo Ambition Mods si è fatta largo: la Easy, prodotto con circuito Ambition Mods a loro marchio e Sunbox con circuito DNA60, la Hera prodotta in legno stabilizzato e DNA60 a marchio RSS Mods e in delrin e circuito sempre Ambition Mods prodotto da Ambition Mods e la 2.0, prodotta come Zero Nega con circuito Dicodes V3 extreme e pulsante singolo a marchio Sunbox e modificata per montare circuito Ambition Mods e tre pulsanti sempre dai “soliti”.
Ma anche Aspire, perché non costruire una bella box come la Paradox facendosi cedere i diritti di un super originale quasi identica come la Saudade di NoName? In questo caso il modder si è cautelato meglio, se con una Ambition Mods basta sostituire il circuito con un DNA60 originale Evolv per ottenere un “originale nobile”, il progetto ceduto ad Aspire prevede interventi alla scocca non modificabili in modo che la Paradox possa montare SOLO il circuito proprietario da 75 watt mentre la Saudade è l’unica equipaggiabile con circuito Evolv.

In pratica, sempre di cloni trattasi ma in questo caso sono “legalizzati” e viene pagata una percentuale al modder progettista del prodotto originario.

Cloni o non cloni?
Io sono favorevole, se fosse uno stimolo a costruire un prodotto di qualità vera, di contenuto tecnico elevato e quindi non facilmente replicabile, apparati come le Vertigo Mods, le Ennequadro o le Telli’s Mod citando prodotti attuali non vengono clonate perché, per scelta di materiali e qualità di progettazione e lavorazione non sono replicabili a costi abbordabili mentre una costosissima scatoletta in plastica fresata contenente due pezzi di lamiera piegata, una molla e, pezzo pregiato, una vaschetta con pin bf che si trova sul mercato della ricambistica per pochi euro è facilmente copiabile con eccellenti risultati non avendo contenuti tecnici peculiari ne particolarità avanzate di costruzione che lo rendano un prodotto “special”..

E anche il dripperino bottom feeder, semplice lamiera lavorata alla fresa. E spesso in Cina, anche per il prodotto originale.

Altra cosa che mi tarla profondamente, Hana Modz (i più vecchi ricorderanno) veniva prodotta e lavorata, nelle sue prime serie, TUTTA a Redmond, nell’Illinois, costava tantissimo ed era autenticamente introvabile in Europa mentre dalla serie V3 in poi i numeri di produzione crescono e ne arrivano in Europa.
Gira e senti, ora le scocche in alluminio non venivano più lavorati da torni americani in Illinois (vicino ai Detroit, ai Blues Brothers e ai nazisti dell’Illinois) ma in enormi capannoni attrezzati a Shenzen.
Più scocche prodotte, negli USA resta solo il cablaggio del circuito, le serigrafie dei loghi e la numerazione del prodotto tant’è che da qualche importatore inglese e tedesco qualche Hana Modz riesce ad arrivare in Europa.
Mentre tutti gli extraprodotto dei laminatoi che le producono finiscono ad ingrassare il mercato dei cloni, magari con circuiti ridicoli ma con scocche troppo identiche per non uscire dalla stessa fabbrica.

E mi sorge un dubbio: la Billet Box nel 2016/2017 era una specie di unicorno, tutti la conoscevano ma in pochi l’avevano vista, non è che venisse prodotta al 100% negli Stati Uniti?
E non è che adesso che è diventato un prodotto di grande diffusione ora anche lui non usi una scocca cinese ed assemblaggio americano visto che è diffuso e venduto (originale) in un numero così maggiore di prodotto? E i cloni SXK che hanno le stesse identiche scocche con le stesse identiche serigrafie potrebbero essere le scocche prodotte per Billet Vapor (con la modifica per installare la porta USB, già questo è un particolare che renderebbe il clone migliore dell’originale)?
In fin dei conti il mio Mastro elettrotecnico che mi modda e ripara la box ha pure notato che i cablaggi e gli assemblaggi SXK sembravano pure più curati di quelli di Billet Vapor.

E non sarebbe una novità, negli USA a parte qualche piccolissima produzione artigianale a bassissimo volume di prodotto TUTTO viene progettato in California (come fa DotMod) ma assemblato in Cina, visto che le durissime FDA Regulatory statunitensi rendono di fatto impossibile la produzione di prodotti da svapo.
Grandi marchi storici “100% europei” come Exvape o Svoemesto fanno lo stesso, una volta trovare un Expromizer o un Kayfun originale era cosa quasi impossibile e li si trovava a prezzi altissimi, ora con 70/80 euro si trovano originali ovunque.
Fra un po’ anche sui banconi dell’Ipermercato sotto casa, ormai di grande marchio produttore “puro” e 100% europeo è rimasto solo Dicodes. 

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