Si azzecca (o meglio si copia molto bene) un buon circuito, e cosa si fa? Non lo si monta ovunque?
Una volta il mondo era impestato da copie (molto mal fatte) del DNA30 di Evolv
che impestava (soprattutto cloni di Hana Modz) la produzione cinese ultra
economica, alcuni ridicoli, altri (come l’Yihi SX 300) invece molto ben
costruiti e in grado di competere con l’originale Made in Usa.
E ora Ambition Mods che azzecca il suo 60 watt, di fatto un DNA60 privato della possibilità di cablare una porta USB per la ricarica e la connessione col software eScribe e, non essendo quindi programmabile, coi 4 preset (dal 5 all’8) forniti non impostati da Evolv, un circuito che non teme alcun confronto di prestazioni con i DNA60 “firmware della casa”, quelli montati dall’80% dei modder, non aggiornato e non programmato e nemmeno modificabile perché anche se possibile per alcuni montare una porta USB è troppo impegnativo (dicono) su box da 400/500 euro.
Va sulla Easy (progettata da Sunbox), sulla Akira
(progettata da Galaktica Mod) e sulla Hera (replica autorizzata con scocca in
delrin di una identica box di RSS Mods ma in legno stabilizzato), La 2.0 (di
fatto una replica della Zero Boro di Sunbox dotata di circuito simil DNA60
piuttosto che il Dicodes V3 Extreme che equipaggia la box da cui deriva) e finisce
ad equipaggiare alcuni ottimi cloni (come quello della Stratum Balance che non
sfigura al confronto dell’originale, oltre ad altri e, con modifiche, sulla
Tita di Veepon e sulla replica della Loki di Koguovape (stesso circuito ma in
versione small screen, display a due righe di visualizzazione anziché tre, così
come fa anche Evolv col suo DNA60 small).
Ma perché rendere un ottimo circuito che va veramente bene
solo “un circuito da cloni”?
Dopo tante box che sono dei “downgrade” autorizzati di box
più famose ormai Ambition Mods si è fatto un buon nome ed è ora che il suo buon
circuito venga utilizzato su box progettate da modder famosi ma dotate di “vita
propria”, prodotti originali e non mod famose “impoverite” nei materiali.
E nasce la Onebar, box progettata in collaborazione con RSS
Mods.
La OneBar
Molto compatta, la si impugna a mano chiusa quasi fosse un
“tubone” solo lievemente più grande (ma anche la Army di Vincenzo Paiano era un
“tubo” a mosfet a sezione quadrata) ma con un feeling molto retrò da big
battery di una volta.
L’estetica
Quello che sarà il “plus” di questa box è che è disponibile
in vendita nei colori nero e acciaio ma sostituendo la scocca (facilmente
smontabile, nel kit di vendita viene fornito in dotazione anche il cacciavite
da usare) è possibile con la spesa di una decina di euro cambiare colore e
“design” della box.
Oltre alla scocca in dotazione (nera o silver) a copertura
integrale e a finitura liscia è
La One Bar e le sue sleeves optional
disponibile come ricambio da acquistare a parte
alla modica cifra di 10/11 euro una scocca con il foro posteriore per rendere
visibile la batteria installata (per quelli che usano sleeves sgargianti e
colorate) e una più elegante scocca integrale a impugnatura zigrinata, rendendo
possibile ad un prezzo modico il poter cambiare velocemente linea e colore alla
box.
Praticamente, al prezzo di vendita della box (meno di 60
euro) e con due scocche aggiuntive (10/11 euro l’una, magari di colori
differenti) al prezzo totale di 80/85 euro è possibile fare combo con tre box
dall’estetica differente e, a patto di non smontare e rimontare scocche in
continuazione, la facilità delle operazioni di disassemblaggio e assemblaggio e
la robustezza della box sembrano nettamente migliori di quelle della Converter
sempre prodotta da Ambition Mods, meno comoda da “modificare” e armeggiare.
Altra particolarità interessante, almeno sulla box che ho
provato, era la base di fissaggio dell’atomizzatore lievemente rialzata
rispetto al top della scocca, apparentemente un difetto di costruzione ma in
realtà una pensata molto intelligente: ci sono vapers che adorano le loro box e
le usano solo con gli Spongebox (gli anellini in microfibra che proteggono la
scocca dai graffi e la vaschetta da perdite di liquido), altri che invece non
li utilizzano e si ritrovano il top della box tutto graffiato dagli svitamenti
e avvitamenti dell’atom, con questo piccolo accorgimento l’atomizzatore può
essere avvitato anche con forza senza che la sua base vada a contatto col top
della scocca graffiandola.
La tecnica
Buon circuito, a mio gusto il migliore tra i circuiti
proprietari in circolazione, fa un’ ottima figura come su tutte le box che già
lo utilizzano.
Conclusioni.
Il prezzo è ottimo visto che NON superare i 60 euro in
configurazione base, la costruzione è robusta avendo tutta la scocca costruita
in alluminio e come parti plastiche solo la pulsanteria e anche affidabile nel
circuito, lo stesso che monta la mia Easy che dopo due anni funziona ancora perfettamente
come fosse nuova con prestazioni almeno in watt veramente eccellenti.
E la possibilità, spendendo pochi euro in più di
personalizzarla o cambiare il suo colore (facilmente, sono operazioni
elementari alla portata di tutti) la rende una box ancora più interessante,
sicuramente un prodotto consigliabile a chi vuole spendere poco ma senza
rinunciare a qualità e robustezza.

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