Come funziona un’elettronica da svapo? Discorso lunghissimo e tecnico, meglio evitare.
Ma
spesso capita di incrociare, nelle specifiche tecniche delle box, le
terminologie “step up” e “step down”: a cosa servono?
Tutte
le batterie utilizzate per i dispositivi da svapo (almeno quelle agli ioni di
litio, quelle ai polimeri di litio o LiPo hanno specifiche tecniche lievemente
diverse), anche le vecchissime 14500 “saldate” nelle batterie eGo di una volta
hanno una specifica in comune: avere una capacità a piena carica di 4.2 volt e
una “cessione” in condizioni normali di utilizzo (ovvero in condizioni di
scarica non eccessiva) di 3.7 volt, e su queste soglie l’elettronica di
controllo deve “ricavare” i voltaggi necessari a generare le prestazioni
(wattaggi impostati) da noi desiderati.
Lo “step up” è la capacità di un circuito di stabilizzare in elevazione il voltaggio ricevuto dalla batteria generandone uno specifico in base ai parametri impostati ( voltaggio erogato alla coil = √ (wattaggio impostato x valore di resistenza espresso in ohm), ovvero, ad esempio, impostando una potenza di 30 watt su una coil da 0.5 ohm il mio circuito dovrà erogare √(30 x 0.5) = 3.87 volt.
Funzione
apparentemente semplice, ma che denota la qualità del circuito elettronico
utilizzato: le batterie eGo-W (quelle delle “pennette” che si usavano agli
albori dello svapo) erano dotate di un potenziometro in grado (era indicato…)
di modificare il voltaggio erogato da un minimo di 3.6 volt ad un massimo di
4.8 volt, valori molto “generici” in quanto più che una stabilizzazione del
voltaggio era un rincorrere la scarica della batteria, andando a compensare il
suo “fiaccarsi” con il ridursi dello stato di carica della batteria.
Molto
migliore la resa con i circuiti elettronici “veri” che riuscivano a gestire una
stabilizzazione molto più precisa del voltaggio erogato, anche in condizioni di
carica batteria bassa: tempo fa il vecchio DNA30 di Evolv riusciva a generare i
wattaggi impostati anche in condizioni di carica di batteria bassa, molti
circuiti di box “economiche” (di qualità nettamente più bassa) riuscivano a
stabilizzare i voltaggi solo in condizioni
di carica medio/alta, dando evidenti segni di calo in erogazione non
appena la batteria scendeva anche solo al 50% di carica ma globalmente, su
prodotto attuale, questa funzione ha rese e funzionamenti molto più precise.
“Conto
della serva” e segnalazioni di errori: anche se di fatto la situazione è molto
più complessa (occorrerebbe valutare l’efficienza del circuito e eventuali
voltage drop, concetti esageratamente complessi per essere spiegati in breve)
si può indicativamente sostenere che l’intensità elettrica prelevata dalla
batteria (amperaggio) sia data dal voltaggi che si vuole generare / il valore
della resistenza in ohm alimentata, motivo per cui, alimentando a 5 volt una
coil da 1.5 ohm vado a prelevare 5/1.5 = indicativamente 3.33 ampere alla
batteria.
Una
volta tutto era facile, lavorando di resistenze alte e movimentando amperaggi
bassi mentre oggi, con resistenze bassissime (anche solo delle SS316 in controllo temperatura) i circuiti sono molto
più “impegnati” e di conseguenza eventuali pecche in stabilizzazione ora
diventano molto più evidenti: una volta si percepiva un “infiacchimento” in
erogazione ma la box non segnalava nulla, oggi essendo molto più percepibile il
tutto sulle box sono state introdotte segnalazioni di errore “check battery”
(prevalentemente circuiti Yihi) o “Weak battery” (circuiti Evolv) che segnalano
l’impossibilità della batteria (per scarsa capacità di carica o di scarica) di
erogare l’amperaggio richiesto > tutto questo si ripercuote sull’erogazione
elettrica e sull’impossibilità di erogare il wattaggio impostato, se questo
deficit in erogazione è limitato (massimo 20%, tipicamente, in meno della
potenza impostata è solo una segnalazione, se il deficit è superiore invece il
circuito blocca l’erogazione elettrica con conseguente maggiore difficoltà del
circuito a stabilizzare il voltaggio erogato.
Step
Down: una volta, lavorando a coil con valori di resistenza molto elevate non vi
era la necessità di erogare voltaggi bassi (coil da 1.4/1.5 ohm hanno
vaporizzazione efficiente solo sopra i 4/4.2 volt)
e anche con le prime build in sub Ohm la necessità non era fondamentale (anche
con box che erogavano il minimo di 3.6 volt le coil da 0.5 ohm del primo
Subtank e dell’Atlantis di Aspire venivano alimentate a 3.62 volt /
0.5 ohm = 26 watt, che tutto sommato era il loro range minimo di buon
funzionamento, ma l’evoluzione del prodotto ha reso necessario anche una
demoltiplica del voltaggio in erogazione.
Come
mai? Ad esempio le sempre più diffusione di apparati multi batterie collegate
in serie che erogano di base un voltaggio dato dalla somma di quello erogato
dalle batterie collegate (a piena carica 8.4 volt delle doppie batterie e fino
a 12.6 volt), voltaggi eccessivi per alimentare “normalmente” dispositivi da
svapo.
Sempre più diffuso il niChrome, molto più reattivo del kanthal
(e quindi con una resa migliore su dispositivi di alimentazione “meccanici” o
privi di regolazione del voltaggio) ma che con resistenze basse (sotto gli
0.7/0.6 ohm) può dare una vaporizzazione sgradevolmente troppo calda.
Altra
necessità, i circuiti di controllo temperatura i quali debbono gestire
l’alimentazione elettrica della coil debbono gestire il voltaggi in modo di non
fare mai superare alla coil stessa il limite di temperatura impostato
dall’utilizzatore: nel caso di coil già “calde” per un utilizzo intensivo un
buon circuito arriva ad erogare minimi anche fino a solo 1.5/1.7 volt in
alimentazione e la precisione e la “velocità” (intesa come frequenza di
controllo e stabilizzazione) sono quello che differenziano un circuito TC che
funziona bene da uno impreciso e che lavora in maniera sommaria.
E in
questo caso si è sempre più diffuso sulle elettroniche da svapo la funzione di
“step down”, ovvero quella di demoltiplica del voltaggio erogato dalle
batterie: utile nelle multibatteria per poter erogare voltaggi molto più bassi
di quelli forniti dalle batterie, adatti a build “normali” ma potendo sfruttare
un fine erogazione per scarica batterie a 6.4 volt (tipicamente), allungando
così i tempi di utilizzo dell’apparato senza necessità di ricarica o
sostituzione di batterie ma fondamentale nelle box dotate di circuiti di controllo
temperatura, essendo la “base” del loro funzionamento soprattutto in presenza
di coil a resistenza molto bassa o “costruite” in materiali molto reattivi.
E, forse l’utilità più importante (soprattutto nello
svapo MTL), la possibilità di “moderare” l’alimentazione a coil troppo reattive
(acciaio o nichrome) che per via del loro basso valore di resistenza ai 3.7 volt
“base” rischiano di vaporizzare troppo caldo e mettere fuori uso il cotone (le
coil del mio “atom del cuore”, l’EVO di DDP Vape hanno con i loro 0.5 ohm di
resistenza un range di utilizzo da 14 a 20 volt, che vuol dire da 2.7 a 3.2 volt
oltre il quale “muoiono”).
Step
up e step down, concetti forse banali ma che sono di fondamentale importanza
per poter valutare la qualità di un elettronica “da svapo”: quanto un circuito
stabilizzi bene il voltaggio anche in condizioni di batteria non più al massimo
della carica o in che maniera precisa lo demoltiplichi anche in condizioni di
criticità (ad esempio una coil Ni200 da 0.15 ohm surriscaldata per uso
intensivo) è il parametro da valutare per qualificare una elettronica da svapo
come efficiente e di qualità o imprecisa e mediocre.
Una delle obiezioni tipiche dei circuiti di una volta era che “erano
difettosi e andavano in meccanico perchè non modulano il voltaggio”: lo step-up è
una facoltà dei circuiti anche più
vecchi ma lo step down è una funzione più complessa da implementare (prima
dell’avvento dei circuiti dotati di controllo di temperatura solo il Provari 2.5
e il Dicodes Dani riuscivano ad erogare, se impostati, voltaggi inferiori ai
3,6/3,7 volt) le box non riuscivano ad erogare (patto che le limitazioni di
lettura della coil e dell’amperaggio in scarica lo permettano) meno di 3,62volt/valore
di resistenza, e ciò vuol dire che meno di 26 watt con una coil da 0,5 ohm la
box non riusciva ad erogarli. (mi riferisco al vecchio DNA30 che dava
indicazione dell’anomalia facendo lampeggiare l’indicazione del valore di
resistenza in ohm)
E anche qualche box dotata di circuito di temperatura ma
“infingardamente” buggata dal produttore generava questo problema lavorano in
modalità non TC: la vecchia IPV d2 prodotta da Pioneer4you lavorava in maniera
eccellente anche in modalità step down in modalità TC ma per un difetto
(voluto? Non voluto?) del software in modalità power non erogava mai meno di
(3,42volt/valore di resistenza) watt quale che fosse il valore di
potenza impostato a display, se più basso del valore risultante dalla formula
(che poi altro non è che il risultato matematico di una delle leggi di ohm) .
Questo per evitare che avesse
prestazioni tecniche troppo vicine all’”ammiraglia” di casa Yihi, la SX Mini
che costava il triplo.

Fenomeno!!!
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