“La sigaretta elettronica è l’ultima delle modernità…”
E’ tanto tempo che l’uomo tenta di surrogare alla sigaretta tradizionale
a combustione con dispositivi non a fiamma, sin dal lontano 1903 il farmacista
propose un dispositivo in grado di vaporizzare liquidi.
Non essendo stati ancora inventati in quel periodo accumulatori elettrici
(batterie) il tutto doveva funzionare tramite una miscela di aromi vaporizzati
da una “base” reagente chimicamente reattiva, l’acido cloridrico.
Ma quanto fosse più sano utilizzare un dispositivo del genere inalando acido
cloridrico seppur in soluzione è lecito dubitare, visto che qualche anno dopo
lo stesso acido cloridrico in soluzione acquosa divenne la “base” di gas come
il fosgene e il “gas mostarda”, due delle armi chimiche più utilizzate durante
la prima guerra mondiale.
Si susseguiranno altri brevetti di vario tipo che tramite
reazioni chimiche vaporizzavano (tenendo presente che in quel periodo il
concetto di tossicità era molto trascurato e conosciuto, tant’è che fino agli
anni ’60 (e in certi posti anche oggi) vanno di moda trattamenti termali a base
di inalazione di vapori
di radon mentre negli anni ’50 e 60 negli USA erano commercializzati comuni
dispositivi domestici per la cura dei dolori articolari e reumatici contenenti
radio, materiale radioattivo e cancerogeno.
Nel 1929 venne brevettato il primo dispositivo ad
alimentazione elettrica anche se non essendo state ancora inventate le batterie
ricaricabili doveva essere collegato alla normale presa elettrica di rete divenendo
a tutti gli effetti più una versione di piccole dimensioni delle comuni macchine
domestiche per aerosol che un vero sostituto portatile e comodo della
sigaretta.
Il brevetto originale di Henry
Gilbert del 1963
Il primo dispositivo per il fumo senza combustione “moderno”
come concetto è vecchio di oltre mezzo secolo in quanto, a domanda presentata
in data 17 aprile 1963 in data 17 agosto 1965 l’inventore statunitense Henry A.
Gilbert ottenne il deposito del brevetto (“patent no.” come dicono gli
americani) 3,200,819 per un dispositivo da fumo e senza combustione, un
dispositivo che aveva rassomiglianze estreme con le attuali sigarette elettroniche
(soprattutto i vecchi kit eGo), già dotato di una batteria interna ricaricabile
e da un dispositivo a vaporizzazione non più chimico ma termico con l’utilizzo
di una resistenza riscaldata dal flusso elettrico, in maniera del tutto identica
alle sigarette elettroniche attuali.
Ma gli anni sessanta erano tempi in cui era libera la
vendita e le pubblicità di sigarette, vi era meno cultura della salute e un
dispositivo che surrogasse a un mito americano come il pacchetto di Marlboro era
del tutto inutile e votato ad un grosso insuccesso commerciale.
Esteticamente tale dispositivo era del tutto identico alle sigarette
elettroniche attuali, l’unica
Un comune profumatori di ambienti ad oli essen-
ziali ad ultrasuoni, sviluppo del brevetto di Hon Lik
differenza era nel corpo di vaporizzazione che
almeno nel brevetto originale di Hon Lik funzionava tramite un generatore di ultrasuoni
che nebulizzava il liquido generando vapore.
Anche in questo caso i risultati non furono eccellenti, se tale meccanismo di
vaporizzazione era eccellente sui profumatori di ambienti, i famosi “vaporizzatori
di arredo” lo era meno, per efficienza e consumi elettrici, su dispositivi
miniaturizzati e portatili ma fornirono idee e stimoli allo sviluppo di un
dispositivo nuovo.
E fu un flop, per alcuni motivi:
- mentre un dispositivo adatto per far smettere di fumare e
quindi tutelante per la salute aveva appeal commerciale, un dispositivo elettrico
utilizzabile anche per l’assunzione di stupefacenti no (col rischio di divieti o
limitazioni alla commercializzazione);
- erano molto cari, e per farsi delle “canne” filtro e cartina erano molto più economici;
- dato il loro funzionamento (una lamella che surriscaldava
materiale solido facendolo evaporare per via delle elevate temperature) il
corpo termico si incrostava con facilità di residui carboniosi che dovevano
essere raschiati via tramite spazzolini metallici, operazione che spesso
portava al danneggiamento o alla rottura della delicata lamella riscaldante;
- vaporizzare solidi tramite esposizione ad alte temperature
significa creare uno shock termico, col rischio far degradare il solido
facendogli degenerare composti tossici e ciò attutì il suo successo
commerciale, visto che la sigaretta elettronica avrebbe dovuto dimostrare di
non nuocere alla salute come il fumo e non fare “diversamente male”.

Diagramma espoloso di un vecchio vaporizza-
tore di solidi
E nacquero i primi corpi assorbenti moderni, le wicks, e i
primi dispositivi che li utilizzavano.
Gli “atomizer”, dispositivi con o senza tank nel quale il
corpo assorbente doveva essere ricostruito e sostituito a cura
dell’utilizzatore (gli antenati degli attuali dispositivi rigenerabili) e i
“clearomizer” ovvero dispositivi che mantenendo tank, fondello di fissaggio e
drip tip erano dotati di un dispositivo assorbente e riscaldante “usa e getta”
da poter sostituire una volta che era usurato e aveva perso efficienza durante
l’utilizzo.
E da lì in poi l’inizio della storia dello svapo moderno: i
dripper (flavour, quasi sempre 18 o 22 mm massimo di diametro) identici a
quelli attuali, il primo Kayfun (il primo dispositivo semplice nell’uso che non
richiedeva un meccanico autoriparatore per poter essere smontato e rigenerato)
e i primi CE4, Joyetech e-Lips e Innokin iClear, i primi dispositivi (pessimi e
che perdevano liquidi in maniera imbarazzante) dotati di testina sostituibile.
“La sigaretta elettronica è l’ultima frontiera”. No, è tutta
roba che ormai ha già almeno mezzo secolo di vita sulla coscienza e a parte i
dispositivi circuitati di alimentazione elettrica non ha avuto nemmeno questa
evoluzione sconvolgente.
Progettazione più curata, materiali utilizzati più “sani”, idonei e
inalterabili, una quantità di prodotto più diversificata per prezzo, prestigio
e prestazioni ma a tutti gli effetti identico come funzionamento e tecnica del
tutto derivato dal brevetto di Henry Gilbert del 1965.
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