L’Aulus….
Dopo averlo studiato tutto (e ce n’era da studiare), proviamolo sul campo.
Dell’Aulus,
finora, ne ho sentito parlare quasi sempre solo male, elevato tasso di circuiti
difettosi e consumi di batteria elevati.
Sul tema “circuiti difettosi”, probabilmente le primissime batch di un circuito di sostanziale produzione artigianale possono avere problemi, e un po’ li hanno avuti tutti: i primi Starplat avevano problemi, le prime batch del DNA40 schermo piccolo (firmware v1) furono vessate da malfunzionamenti e difetti di assemblaggio degni delle peggiori “cinesate” come i tasti di regolazione di potenza il cui interruttore interno restava chiuso anche se il tasto non era premuto e dava comunque l’impressione di molleggiare e di conseguenza sembrare efficiente, col problema che inserendo la batteria e accendendo la box compariva il numero seriale del circuito e la box restava inattiva. Ma tant’è, almeno nelle prime prove, il mio circuito funzionava in maniera impeccabile.
Consumi
elevati… Anche in questo caso occorre leggere le istruzioni, e la prima cosa
che faccio è abbassare da 100% a 50% la luminosità del display, che resta
comunque visibile anche senza dover essere obbligatoriamente luminoso come una
torcia elettrica.
E per provare
come “regge” l’Aulus v1.3 testo tre configurazioni, una a bassi consumi (Kabuki
di House of Hybrids dotata di coil BVC da 1,8 ohm) da 12 a 14 watt, una a
consumi medi (la canonica 0,5 ohm clapton coil di Atom Vapes su Petri Sub di
DotMod, da 20 a 25 watt) e una a consumi elevati (Lemo 3 con notch coil da 0,25
ohm).
Testando i
setup migliori.
Bassi consumi.
Prima di
tutto, vado a settare il valore minimo di sicurezza della batteria al punto
“Battery Safe Limit”: svapando a 5 volt su coil da 1,8 ohm andrò a muovere 2,8
ampere, soglia ridicola che batterie di buona qualità per “tiro di guancia” come
le mie amatissime LG “brown” o le Samsung 30Q “rosa” reggono anche a situazioni
di carica bassissima, motivo per cui imposterò 2,7 volt, per sfruttare (senza
abusarne) le batterie fino alla soglia dell’amperaggio minimo “compatibile” con
la potenza impostata.
L’erogazione
(in modalità normale, sul mio circuito di default era impostata “Softness
output” impostata in “Hard” è bella piena, non aggressiva come gli ultimi DNA30
ma corposa come (impressione mia) l’SX330 che equipaggiava la mia prima box
“seria”, la IPV2 di Pioneer4you.
Vuotati tre
tank, l’erogazione è divertente e i consumi di batteria molto “old school”
(nemmeno il DNA30 di Evolv era un circuito “risparmioso” in termini di consumi
elettrici), motivo per cui (memore della mia terza box “seria”, la IPV Mini)
commuto l’erogazione in “Softness output” in “Soft” facendo erogare l’Aulus in
modalità PWM, e qui la musica cambia di parecchio. E in meglio.
Teoria (molto semplificata): normalmente,
attivando la box, viene prelevata alla batteria un voltaggio pari allo stato di
carica e una tensione pari a quella necessaria al circuito per generare il
voltaggio in erogazione impostato, motivo per cui durante la scarica il
voltaggio si abbassa (voltage drop) salvo rialzarsi quando il prelievo cessa
(fase di compensazione post scarica), i voltage drop troppo elevati o fasi di
compensazione post scarica troppo lunghe sono indici di batteria con gli
accumulatori (celle) usurati.
Anziché prelevare una tensione continua (DC), prelevando una tensione variabile
e “stabilizzandola” in PWM si avrà una erogazione meno aggressiva ma anche meno
“affaticamento di batteria” e di conseguenza tempi d’uso più lunghi (era il
motivo per cui la vecchia iStick 20 watt aveva tempi d’uso fantascientifici per
la sua batteria 18650 interna saldata).
E, memore
della modalità PWM sulla IPV Mini, anche sull’Aulus i risultati si notano:
complice la resistenza alta non si percepisce un “infiacchimento” dell’erogazione
ma la minor “aggressitivà” nei confronti della batteria si percepisce con
consumi (a parità di tank svapati) nettamente più bassi e durate d’uso più
lunghe.
Prova dei
bassi consumi: 7 in pagella in erogazione “Hard”, oso un 9 meno in modalità
“Soft”, esame passato. E pure molto bene.
Consumi medi
Provando a
svapare a 0,5 ohm a 25 watt escludo subito l’uso della modalità “Soft”, ora è
invece percepibile una minor pienezza e grinta in erogazione.
Per stare “dalla parte dei bottoni” vado anche ad impostare il voltaggio minimo
di blocco erogazione a 3,2 volt, per evitare di “stressare” troppo le batterie,
muovendo soglie da 7 a 10 ampere (adatte alle mie amate batterie “lunga durata”
già citate) e, ovviamente con prelievi alla batteria più elevati, non mi
sembrano così drammatici come mi era stato detto, 25 watt su un DNA30 avevano
consumi molto più “cruenti”, anche i DNA75 e l’SX350J-v2 con le prime versioni
firmware avevano consumi di batteria molto elevati (poi corretti da successivi
aggiornamenti firmware) e l’Aulus non mi sembra poi così deprecabile, anzi. I
già citati “prime versioni firmware” e ancora oggi il DNA75 Color di Evolv
(circuito che lavora onestamente ma che mi soddisfa meno del precedente DNA75
“bianco e nero” e che ha consumi di batteria molto elevati anche a luminosità
del display attenuata) consumavano nettamente di più.
Divertente,
pieno, oserei dire al livello dell’SX350J in modalità Powerful, fa il suo
lavoro bene e in maniera appagante, su un tiro di polmone “flavour” e non
troppo esagerato guadagna un buon 7 e ½ tendente al “tra il sette e l’otto”.
Consumi elevati
Col Lemo 3 e
con una Sony VTC5 Konion prova a fare il suo lavoro, e per un po’ lo fa bene,
ma i consumi cominciano ad essere molto “pesanti”, svapando a 45 watt (vicini
alla soglia di erogazione massima dei suoi 50 watt) l’Aulus diventa
estremamente vorace e le batterie (si nota chiaramente con l’indicatore in
percentuale di carica della batteria) decedono in fretta.
Onestamente,
peggio le versioni a schermo piccolo del DNA40 primi firmware ma considerato che l’Aulus non è nato come
circuito da cloud chasing (non è l’uso che lo mette più a suo agio), un onesto
6 e ½ se lo merita, se si vogliono fare certe cose meglio pensare a
configurazioni a doppia batteria (anche solo un DNA75 doppia 18650 in
parallelo).
Le cose
“peggiorano” commutando l’erogazione in “Soft”, i consumi si abbassano ma
l’erogazione tende a diventare forse un po’ troppo “debole” per un certo tipo
di utilizzo.
A cosa serve l’Aulus?
Se si pagano 200 e
passa euro per delle scatolette in stampa 3D con due lamelle dentro “perché
sono artigianali”, merita ancor più rispetto un Aulus, prodotto italiano,
artigianale ma dai contenuti tecnici veramente notevoli e completi.
Tecnicamente non posso fare confronti se non per utilizzo personale e per mio
“palato” (non ho competenze tecniche ne attrezzature per fare prove con
voltmetri, oscilloscopi e apparati da elettrotecnici professionali) e comunque
garantisce da box una settabilità notevole, al livello dei circuiti più
blasonati (Dicodes e Starplat) senza necessità di PC e software esterno, tutto
direttamente tramite box.
E malgrado non sia un chip più recentissimo (almeno come età) se la difende
benissimo per l’ampia sfruttabilità e qualche colpo intelligente, come la
strutturazione dei menu (scorrevoli e tutti visibili senza troppe
sottonidificazioni), con una combinazione “premi Fire e scorri, aspetta e
conferma” che li rendono abbastanza comodi anche da impostare con un pulsante
solo (molto di più che un Dicodes Dani Estreme V2+ o V3).
Però non è un circuito per tutti: ci sono tre specie di vapers, quello “spendi
poco, monta l’atom e vai” e per lui l’Aulus è un circuito sicuramente troppo
complicato e “impegnativo”, che darebbe noia subito, il vaper “spendo, mi
faccio vedere ma me ne frega niente di ciò che uso” anche lui si ritroverebbe
impelagato in un circuito complicato, molto meglio spendere 500 e passa euro
per una Billet Box (nemmeno troppo accessoriata) molto più “modosa” ma
tecnicamente banale, montando un DNA60 con preset mediocri e senza una presa
Micro USB per poterlo aggiornare e/o settare tramite Escribe.
Però il vaper meticoloso, che ci studia gli apparati, se li setta in maniera
ottimale per averne il migliore funzionamento e la miglior resa, un Aulus può
dare molte soddisfazioni.
Circuito ottimo per tiro di guancia o per un tiro “flavour” più degustato che
nebbioso, se settato con intelligenza da molte soddisfazioni e fino alla soglia
dei 35 watt funziona benissimo e senza alcuna criticità per consumi troppo
elevati (oltre, paga pegno ai circuiti delle SX Mini e allo Starplat, più
recenti come firmware e che reggono bene fino ai 50 watt, rispetto ai Dicodes
come consumi è abbastanza allineato), molte possibilità di regolazione e (lo
sto provando adesso, con un Serpent Mini di Wotofo con coil Ni200, 35 Joules,
menta Choy di King Kong Flavour a 220 gradi di limite TC) un TC molto morbido e
progressivo, che “modera” l’alimentazione in prossimità del limite di
temperatura della coil in maniera molto “soft” senza fare le “sparate” (boost
eccessivo) e “frenate” dei primi DNA40, anche in TC mi è piaciuto.
Onestamente,
un posto nella hall of fame dei circuiti lo merita: non amo gli ultimi DNA su
box “prestigiose” e costose (perché spendere 500 euro in una box in legno
stabilizzato con un circuito DNA a colori che sembra il display di un cellulare
quando lo stesso contenuto tecnico me
lo godo tutti i giorni in ufficio su una hCigar VT75 Color pagata 90 euro in
uno shop italiano?), il VO75 è un circuito che lavora molto bene ma che manca
di funzioni di impostabilità avanzata che lo possano trasformare in un top
circuito,
Il recente BF60 di Dicodes è complesso da settare ma garantisce la perfezione
nelle prestazioni, lo Starplat è un circuito che riesce ad abbinare grandi
possibilità di regolazione a menu di accesso estremamente facili, mnemonici e
intuitivi, gli Yihi restano sempre dei capolavori di semplicità di utilizzo e
impostazione, ottime prestazioni e “poca manutenzione” (la ML Class è da quando
gli ho aggiornato il firmware che non la tocco più, nemmeno per impostare nuove
curve di erogazione e boost visto che le cinque presettate sono già perfette
per ogni uso) .
E l’Aulus? E’
un prodotto esclusivo, raro da trovare e quindi non “mainstream”, un prodotto
talmente originale da non sfigurare nemmeno su box costose e high end e a mio
gusto “completarle” in maniera eccellente, ricco di possibilità e mai “stretto”
negli utilizzi per cui è stato progettato.
Personalmente,
per l’uso che può avere una box di un certo prezzo, è adeguato ad aspettative
molto elevate e non mi ha deluso, anzi, avrò tempo di innamoramene ancora di
più ma assieme allo Starplat e agli SX350 tutte le versioni è già un circuito
che mi ha “bucato il cuore”.
Senza contare che è comunque un circuito uscito già da un bel po’ di tempo ma
che non sente obsolescenza come altri apparati suoi coetanei.
Promosso, a me l’Aulus v1.3 è piaciuto tanto.
Capostipite di una ottima generazione a seguire, una versione big screen (l’XL2)
e una versione probabilmente migliorata tecnicamente e costruttivamente, il
Bomber Scream.
Dichiarato come “erede del famoso Bomber PRO” (che, seppur eccellente in
erogazione è un circuito a mosfet senza display) è a tutti gli effetti la terza
versione di “nonno Aulus”, installato (che l’abbia visto io) solo su una box, la
Stealth di Sunbox, box veramente dalle prestazioni eccellenti.
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