Doppia batteria in serie o in parallelo? – Uso e sicurezza.

 

Premessa: tutto questo non vuole essere di elettrotecnica (il sottoscritto non ha le competenze tecniche specifiche e non ha nemmeno la voglia esserlo).

Oggi un sacco di acquirenti si lancia su prodotti dalle prestazioni elevate, dai setup critici e (troppo spesso) poche protezioni e sicure.
E questo non vuole essere altro che un piccolo diario sull’uso di apparati doppia batteria (quasi esclusivamente elettronici), alcuni con batterie collegate in serie altri con batterie collegate in parallelo.

Lo svapo avanza, il tempo passa e ormai le le box a doppia batteria 18650 non sono più una “stranezza”: più potenza (a chi serve), una (comoda) durata molto più lunga d’uso (con una buona doppia batteria ci si svapa più di due giorni in sub Ohm con build non eccessivamente estreme) e, in troppi, perché avere una box con tanti watt fa molto “power svapatore muscoloso” anche se l’uso a cui vien destinato e le competenze tecniche dell’utilizzatore sono spesso del tutto insufficienti e inadeguate.
E, complice la linea spesso molto avvincente e il basso costo, circolano  molte box meccaniche in doppia batteria: perché utilizzare dispositivi poco sicuri quando a prezzi abbordabili si può svapare a voltaggo stabilizzato, potenza impostata e con tutte le sicurezze elettroniche a nostra protezione?
E’ la moda, e le mode si seguono e non si discutono.

Un qualche appunto dopo un uso insistente di box a doppie batterie, comparato tra collegamenti in parallelo (DNA40 e 75) e varie in serie (DNA200/250 ma anche circuitate Yihi) e anche meccaniche (una HexOhm) anche se sono e resterò fedele all’elettronica.

Progettazione

Sugli apparati meccanici non c’è differenza, visto che tra un apparato in serie e uno in parallelo varia solo il collegamento elettrico delle batterie (sperando che ci sia almeno un transistor MosFet di protezione sul pulsante di attivazione), sulle batterie elettroniche invece…
Una chippatura di controllo di una box con batterie collegate in parallelo (mi rifaccio al DNA40 di Evolv) è identica all’elettronica di una monobatteria (ovvero con un voltaggio in ingresso limitato a 4.2 volt massimi) e (forse) ad un maggior amperaggio in entrata anche se parecchi modder utilizzano su box doppia batteria dei circuiti DNA30 e 40 standard.
Una battery box collegata in serie richiede invece una chippatura specificatamente studiata, in grado di poter gestire e controllare voltaggi massimi in ingresso doppi tant’è che per equipaggiare box in doppia batteria vengono utilizzati (almeno su quelle di un certo livello) chip di controllo appositamente studiati, come gli Yihi SX330 V4S, SX330 V3SL, SX340 e SX 350/J/J-v2 (previo aggiornamento firmware) e successive evoluzioni.

Altro aspetto progettuale, lo step down (ovvero la possibilità di gestire anche in decremento il voltaggio in erogazione): obbligatorio su tutte le box equipaggiate di circuito di controllo temperatura, lo è anche sulle elettroniche di controllo delle batterie collegate in serie: una elettronica in parallelo anche di progettazione sommaria erogherebbe un minimo di 3.7 volt (nei casi peggiori, con build da 0.2 ohm erogherebbe 65 watt di minimo, elevati ma non drammatici), una elettronica in serie erogherebbe voltaggi minimi doppi (quindi, con la stessa build, 260 watt) richiedendo obbligatoriamente una demoltiplica del voltaggio erogato.

Potenza

Ovviamente questa è la vera differenza tra le due modalità di connessione batterie: una (quella in parallelo) generando massimo 4.2 volt in uscita a batteria carica permette di gestire ed erogare fino a 60/75 watt massimi (il DNA40D in doppia batteria è comunque limitato a 40 watt anche se potrebbe supportarne tranquillamente almeno una ventina in più, il DNA60 ha un limite di 60 ma il criterio è identico) mentre nel caso di collegamento in serie e potendo contare su voltaggi massimi in uscita fino a 8.4 volt sono in grado di generare potenze in watt molto superiori (120 e fino a 150 watt con batterie di qualità adeguata, se una box dichiara più di 150 watt occorre vedere bene se ha una elettronica adeguata a supportare le prestazioni dichiarate e dotata di un booster PWM come sui circuiti Yihi in grado di generare il supero di potenza superiore ai 150 watt producibili tramite voltaggio).

Uso di batterie

Premessa: per un sicuro e corretto funzionamento degli apparati è doveroso che l’erogazione elettrica sia perfettamente simmetrica (nel caso di collegamenti in parallelo) o uniforme (nel caso di collegamenti in serie) e quindi entrambe le batterie che vengono utilizzate debbono essere (oltre che di amperaggio adeguato) identiche come produttore, modello e stato di efficienza: personalmente in casa ho le batterie appaiate in scatolette plastiche sulle quali ho annotato le date di inizio uso, per evitare di rimescolare batterie nuove con batterie parzialmente usurate e per ricordarmi quando sarà opportuno sostituirle nell’uso con batterie nuove.

Da prove fatte con Sony VTC4/5, Samsung 25R in perfette condizioni d’uso ma anche tentando (> non fatelo) di appaiare batterie diverse come due Efest Purple 2500 mah, una “pallida” vecchia serie e già abbastanza usurata e una “violona” nuova serie perfettamente integra, il collegamento che gestisce i prelievi elettrici più equilibrati è quello in parallelo: giunto all’indicazione “Weak Battery” che indica che le batterie non sono più in grado di erogare un amperaggio adeguato alla potenza richiesta ed impostata, rimuovendole e riponendole nel caricabatteria mi dava uno scostamento tra le due batterie di 0.1/0.2 volt massimi (voltaggio identico o scostato

La tipica connessione in serie delle
batterie di una HexOhm V3

di 0.1 volt su batterie identiche per condizioni, 0.2 volt con qualche rara punta di 0.
4 volt nel caso delle mie Efest Purple “spaiate”).
Le stesse batterie usate sulle box con collegate in serie danno invece normalmente scostamenti più elevati (0.2/0.3 volt) con picchi molto più evidenti sulle mie Efest “diverse” dove sono arrivato a letture (al Check Battery della box) di 3.1 volt sulla più vecchia e 3.7 dell’altra con uno scostamento di 0.6 volt.
Il motivo è dato dal fatto che il circuito in un collegamento in parallelo riesce a ripartire meglio i prelievi mentre su batterie collegate in serie vede una specie di enorme “36650” prelevando quello che deve senza andare troppo per il sottile, con la batteria più integra che cede (forse qualcosa in più) senza troppa fatica mentre quella a chimica più usurata lavorerà sempre in sovrasforzo (con rischi per la sua integrità)
, salvo che come sui recenti circuiti Yihi abbiano un apposito circuito che testa ed “equilibra” i prelievi di batteria, sulla Q-Class di Yihi anche le Efest di condizioni differenti hanno una differenza di stato di carica meno marcato.

Motivo per cui, se uno svapa tranquillo e non ha necessità estreme di wattaggi elevati una box a batterie collegate in parallelo tende meno ad affaticare (sul medio-lungo periodo) le batterie utilizzate con meno criticità sui prelievi, l’impiego di box con collegamenti in serie richiede maggiore attenzione sia nell’impiego delle batterie, sia sul loro stato di usura > e un loro rimpiazzo più frequente.

Sicurezza

Parlando sempre di box “di una certa costruzione” ovvero con assemblaggi ben fatti e cablature adeguate al transito della tensione necessaria, occorre distinguere tra vari tipi di rischi.

·         Sovraccarico elettrico: le batterie (o almeno quelle che utilizziamo noi, ovvero le flat top non protette) non hanno circuiti che in caso di sovraccarico frenino l’alimentazione ai livelli di sicurezza: solo le vecchie protette (quasi tutte col pin e lievemente più lunghe delle normali) avevano un circuito PCB che “filtrava” la scarica evitando che la tensione in uscita superasse certi valori di amperaggio impostati, utili per svapare con big battery meccanici con resistenze sopra l’ohm dove i prelievi elettrici non erano eccessivi) ma inadeguate nell’uso con box dove i prelievi e le scariche vengono già gestite dal circuito della box e dove, svapando con resistenze di valore basso i prelievi sono nettamente maggiori (e queste protezioni sulle batterie le rendevano insufficienti per questo tipo di uso).
Se uso sistemi privi di elettronica di controllo un sovraccarico con un collegamento in serie che eroga dagli 8.4 ai (sperando di ricordarsi di di sostituire le batterie) 6 volt ha una certa criticità, uno a voltaggio dimezzato (le batterie connesse in parallelo sommano l’amperaggio delle due batterie  in uscita ma non raddoppiano il voltaggio) forse ne crea qualcuno in più,  e stiamo parlando di situazioni entrambi molto critiche per gli apparati e per l’incolumità di chi li utilizza

·         Cortocircuito: sugli apparati “meccanici” Dio ce ne salvi, sugli apparati elettronici ci sono circuiti che in presenza di anomalie nel transito e nell’erogazione (riconducibili a cortocircuito della coil che tocca parti metalliche dell’atomizzatore o a pin dell’atomizzatore che, forse lievemente troppo lungo schiaccia il piattello di contatto della box contro la scocca) provvedono a bloccare l’alimentazione (la famosa segnalazione “Shorted”) fino a che il problema non viene risolto ripristinando letture e rilevazioni accettabili.
Ma vi sono purtroppo anche cortocircuiti “fuori circuito” (di controllo): l’utilizzo di batterie con la wrappatura di copertura danneggiata (che ha si funzioni estetiche ma soprattutto di isolante elettrico) creano dispersioni elettriche, ovvero il transito elettrico non viene direzionato polo negativo > polo positivo della batteria > dispositivo utilizzatore ma verso le parti metalliche della scocca soprattutto su battery box o big battery che abbiano il contenitore della batteria con pareti metalliche (gli slot portabatteria in plastica sono lievemente più sicuri) hanno come solo dispositivo di controllo la mano dell’utilizzatore (a suo rischio e pericolo): se ce ne si accorge per tempo il dispositivo risulterà solo surriscaldato, se ce ne si accorgerà tardi si rischia la deformazione della batteria (che resterà facilmente incastrata nel dispositivo), perdite di acido (che danneggeranno irrimediabilmente il dispositivo) e nei casi peggiori sfiammate della batteria interessata con rischi per l’incolumità dell’utilizzatore

·         Inversione di polarità: in questo caso, le battery box con collegamento in serie sono molto più sicure

Batterie collegate in parallelo, in questo 
caso su una (pericolosissima)
Noisy Cricket

delle battery box con batterie collegate in parallelo: da prove fatte (e da non replicare), invertendo le batterie su box con collegamenti in serie, sia invertendole entrambi (invertendo il transito elettrico) sia una sola (ovvero creando un collegamento elettrico di fatto in parallelo) la box (se elettronica) resta inattiva e non si avvia fino a che non viene ripristinato il corretto collegamento elettrico.
Caso diverso (esperimento tentato su eSquare DNA40) nel caso di inversione di batterie in una battery box collegata in parallelo: invertendo entrambi le batterie il transito elettrico (invertito di direzione) la box non si attiva, invertendone una sola (forzando quindi un collegamento in serie) il transito elettrico non avviene verso il circuito di controllo (per maggiore resistenza? per blocco elettronico di protezione del circuito?) ma in direzione batteria inserita scorrettamente > batteria inserita invertita sovraccaricandola.
A seconda di quanto si è veloci ad estrarre la batteria si rischia il surriscaldamento elevato, la perdita di acidi e fino (nei casi peggiori) la combustione della batteria con la messa fuori uso dell’apparato.
Una batteria nuova costa poco (e comunque molto meno di una box nuova), l’inserimento delle batterie è un’operazione da fare “una tantum” che richiede poca fatica e una decina di secondi al massimo e di conseguenza può essere fatta con attenzione, consultando il manuale d’uso della box e le polarità indicate sugli slot porta batteria.

Attenzione: la protezione da inversione di polarità è stata implementata solo dalle ultime versioni dei DNA 40 small screen, non sulle prime motivo per cui se si svapa con un DNA20, 30 o 40 prime versioni software inserire la batteria a polarità invertite mette irrecuperabilmente fuori uso il circuito.

Altro aspetto da valutare, è lo “scrupolo” di chi usa i dispositivi: se uno è preciso, tutti i giorni prima di andare a letto mette le batterie in ricarica e non va mai in giro senza un set completo di batterie di ricambio problemi non ce ne sono, se uno invece è pigro e svogliato e sul comodino ha un vecchio portacenere pulito per ammucchiare le batterie scariche che prima o poi ricaricherà, mentre una doppia batteria in serie richiede SEMPRE due batterie possibilmente nello stesso stato di carica, e se faccio il furbo inserendo l’unica batteria carica che ho con un’altra batteria scarica tanto per chiudere il circuito la box funziona alla bell’è meglio ma metto definitivamente fuori uso la batteria scarica sovrasforzandola.

Su una doppia batteria in parallelo invece no, visto che il circuito vede il tutto come una batteria unica (anche se gli amperaggi delle più batterie vengono sommati), motivo per cui se mi ritrovassi con una sola batteria carica e una box doppia batteria in parallelo sarebbe comunque una box funzionante, come se fosse una singola batteria (io lo faccio spesso con la mia eSquare quando ho finito le batterie cariche) e la box funziona come se fosse monobatteria e, anzi, se inserissi un’altra batteria scarica “per fare paio” andrei a sovrasforzare il circuito della box che tenterebbe di equilibrare due batterie in stato di scarica completamente sbilanciata.

 

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