Lo Zar dei big battery - il Semovar di Svoemesto

 



Nella preistoria dello svapo arrivano i primi dispositivi a voltaggio variabile, i big battery, a quei tempi dispositivi molto costosi.

E della serie “costosi ma belli e lussuosi” il Provari di Provape si era già fatto nome e successo e il Dani di Dicodes si stava facendo largo, per le elevate prestazioni e per qualche soluzione tecnica che si sarebbe vista solo qualche anno dopo sui dispositivi concorrenti.

Svoemesto, divenuta (a quei tempi la concorrenza era poca) la regina degli atomizzatori rigenerabili (forse non i migliori come resa aromatica ma sicuramente quelli più facili, almeno per quei tempi, da rigenerare e manutenzionare) tenta il colpo grosso per diversificare la produzione e “aumentare il nome”, produrre  anche lei un big battery di fascia alta.

E così nacque il Semovar: molto bello anche se non particolare come la linea “unghiata” del Provari 2.5 (appena uscito) e nemmeno quella monolitica e dall’aspetto super solido e affidabile del neonato Dicodes Dani ma comunque una linea sobria ed elegante, meno stravagante dei vari zMax,SVD e prodotti vari di produzione cinese che stavano iniziando a circolare e con un aspetto sobrio ma robusto e affidabile.

Anzi, se il Provari puntava tutto sul suo essere “Made in USA” e il Dicodes sull’innovazione tecnologica il Semovar andava a puntare tutto sulla modularità.

Infatti, almeno nel “complete kit” il Semovar non era un big battery bensì un kit completo per potersene assemblare uno a propria misura e necessità.

Linea seria e molto elegante quella del Semovar

La base era un corpo cilindrico nel quale veniva contenuto display, pulsante di attivazione e il chip di controllo, denominato da Svoemesto “Nivel” (Nivel 3 fu la versione definitiva utilizzata nel prodotto messo in produzione definitiva) a cui venivano assemblati un tubo cilindrico > nel complete kit ne venivano forniti tre, per poter alloggiare ognuno nella sua dimensione specifica batterie da 18350, 18500 o 18650, senza dover impiegare extension cap, estensioni telescopiche o anelli adattatori che ne deturpassero la linea e per evitare “spigolature” e precari anelli estetici adattatori come sul Provari sul cilindro-chip veniva avvitato un cap delle dimensioni adatte ad alloggiare l’atomizzatore delle dimensioni volute.

I primi kit venduti fornivano di serie un 19 mm di diametro, la successiva produzione un 22 mm ma sul mercato della ricambistica ufficiale (senza dover cercare nell’aftermarket) era possibile montare cap da 14 (utile per l’allora Kayfun Mini), 19 (il diametro di atomizzatore più diffuso a quei tempi) e anche 22 mm, per i primi “big tank” che si stavano diffondendo.

Il risultato estetico era strepitoso ma quello tecnico?

Prestazioni in linea con i prodotti che circolavano allora, 15 watt massimi, limitazione in scarica a 3,5 ampere e possibilità di supportare dispositivi sub Ohm, sempre tenuto conto del limite massimo di amperaggio erogabile.

Svoemesto mette in produzione una sua elettronica, denominata “Nivel” nome apparentemente di poco senso ma che in spagnolo vuol dire “Livello”, forse per voler sostenere di aver progettato un prodotto che sarebbe diventato il riferimento per la concorrenza, l’aver stabilito un “nuovo livello di prodotto”.

Ma che così non fu, almeno da subito: la progettazione dell’elettronica fu più complessa di quanto

Meraviglioso nella sua completezza il kit di vendita del 
Semovar

preventivato e si dovette attendere la terza versione per avere un prodotto di qualità adeguata per poter equipaggiare un big battery “di livello alto” e addirittura un certo numero di batch di produzione per avere un prodotto affidabile, le prime serie dei Semovar prodotti furono falcidiate da un numero altissimo di fuori uso e sostituzioni in garanzia per problemi di elettronica dati da componentistica (anche solo semplici condensatori) difettosi, cosa che fece la gioia della concorrenza che ancor più si vantò delle sue doti di innovazione ma soprattutto di affidabilità (i Dani venivano venduti a “lifetime warranty”, garanzia a vita da difetti di costruzione).

Elevato “tasso di mortalità” (purtroppo quando per un prodotto parte male la commercializzazione molto facilmente si brucia potenzialità di successo futuro) e prezzo molto più elevato dei prodotti concorrenti: è vero, la differenza veniva compensata dai top cap e dai tubi-estensione forniti di serie che sugli altri dispositivi erano tutti optional da comprare a parte (e pure a caro prezzo) però un po’ la scarsa immagine di affidabilità data dalle prime elettroniche uscite e il prezzo hanno scoraggiato molti potenziali clienti.

Ma come funzionava? Questa è una mia mera opinione personale da utilizzatore, ma secondo me funzionava bene: forse non aveva l’erogazione grintosa (delle volte quasi scorbutica) delle elettroniche Provape e nemmeno quella più “cremosa” e piena dei Dicodes ma era un prodotto che funzionava in maniera adeguata e con una stabilizzazione dei voltaggi molto precisa, un prodotto (anche nell’uso) di qualità percettibilmente superiore ai vari prodotti cinesi che giravano (e che per quei tempi erano pure relativamente cari), però il prodotto non decolla: viene prodotta anche una più economica versione “Basic” fornita solo di tubo per batterie 18500 e cap da 22mm, il complete kit viene arricchito e fornito, oltre che dei tre tubi per usare tutte le batterie in commercio anche già coi cap da 19 e 22mm di serie (quello da 14 mm era diventato inutile visto che ormai non uscivano più atomizzatori nuovi di un certo livello di quel diametro) ma purtroppo “il treno è perso” e mentre Svoemesto restò la regina degli atomizzatori rigenerabili (e il suo Kayfun il prodotto di riferimento nel settore atom rigenerabili nonché il più clonato al mondo) abbandonò presto la produzione del Semovar e il mercato dei big battery.

Trovarne? Ormai fuori produzione (e out of stock nei negozi) da troppo tempo, ha avuto un venduto troppo basso e mediamente  è un prodotto che, seppur lievemente inferiore tecnicamente ad altri prodotti concorrenti è il classico “prodotto che ci si affeziona” anche perché per un proprietario è difficile vendere quello che è a tutti gli effetti un’opera d’arte pagata (prezzo del complete kit quando era commercializzato a prezzo pieno) 279 euro ai prezzi “svenduti” tipici dei prodotti non nuovi e “non di hype” sui mercatini dell’usato.

E, se ne si trova uno, comprarlo solo da vecchi vapers conosciuti: come i Kayfun, anche il Semovar ebbe un clone commercializzato (seppur per breve tempo) da Fasttech, presto dismesso per via dello scarso successo del modello originale e per il suo prezzo poco concorrenziale (seppur clone) rispetto ad altri prodotti similari prodotti da Innokin o Sigelei.

E comunque un prodotto, esteticamente, meraviglioso: niente pezzi di ferro cilindrici (c.d. “extension cap”) o tubi filettati in cui inserire la batteria della dimensione scelta regolandone, avvitando o svitando, la lunghezza  (i cosiddetti “tubi telescopici”), soluzione molto in voga tra i tubi “cinesi” di quei tempi ma a mio gusto forse funzionale ma decisamente bruttina da vedere.

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