In molti mi hanno dato dell’esaltato.
Vero? Falso? Nove anni fa, tutti
mi mandavano a quel paese perché sostenevano, ai tempi del Kayfun Lite (prima
versione, il primo uscito con la regolazione dell’aria a vite) che il Nautilus
di Aspire era un capolavoro.
Forse si, forse no, ma di Kayfun
ne sono uscite almeno altre sei versioni, modder dai nomi improponibili mettono
in vendita atom “ultimate”, eccezionali che è dir poco, il top della svapata, salvo
vederli rivenduti una settimana dopo dalle stesse persone sui mercatini.
Il buon vecchio Nautilus invece, tre
versioni dopo, ancora fa faville: esce il GT disegnato da Smokerstore (i modder
che producono il marchio Taifun), modder importanti come House of Hybrids, Eden
Mods e Mark Bugs per produrre atom “high end” usano coil Nautilus e le stesse
coil (aggiornate, a mesh coil e perfezionate per poter rendere bene anche su dispositivi
MosFet o meccanici) fanno bella figura su mod importanti come le Billet Box e
le Delro. E la mia amatissima DotAio, la mia preferita per lo svapo diurno.
Altra mia affermazione che mi ha fatto guadagnare un sacco di
insolenze è che “ogni box, almeno quelle serie e ben progettate, hanno un’anima”.
E ne sono convinto, è scientifico.
Una delle scene tipiche da negozio di svapo, il cliente che
senza chiedere nulla compra la box più economica perché “tanto le box da svapo
sono tutte uguali”.
Fatto che, ancora oggi, girano prodotti assemblati “col piedi”, con
verniciature che si sbucciano, display che perdono luminosità e si spengono col
tempo e l’uso, con attacchi 510 che si “stappano” e si sfilano dalla scocca e
con pulsanti che dopo qualche mese smettono di funzionare, non tutte le box
sono uguali.
Se ciò fosse la radiolina da 30 euro con cui si ascolta la musica in cucina
intanto che si fanno i lavori di casa suonerebbe esattamente come lo stereo con
amplificatore doppia classe A e altoparlanti in legno massello tre vie di
produzione americana o europea che costa almeno cento volte tanto.
I circuiti da svapo sono tutti uguali? Nella costruzione lo
sono tutti, in fin dei conti hanno tutti le stesse funzioni:
· La DovPo E-Mech, probabilmente
la box peggio circuitata che abbia
mai provato
un
lettore di resistenza al pin 510, e anche in questo caso, complici sia la
qualità del circuito che quella degli assemblaggi e delle saldature esistono
circuiti che leggono molto bene il valore della coil installata, altri che
danno i numeri del lotto, su una box che avevo circuitata Sevo70, la lettura
della coil della box arrivava delle volte ad 1 ohm superiore a quella reale
della coil: ok, un misuratore di resistenza professionale tarato al
centesimo di ohm come le nostre box è grande da solo più della nostra box, un
circuito miniaturizzato fa quello che può, ma anche in questo caso ci sono
circuiti ragionevolmente precisi e circuiti che “danno i numeri”
·
Un relais che in caso di transiti di amperaggi
anomali di corrente blocchi il circuito box, valori che indichino
l’installazione di una coil con un valore di resistenza troppo basso per essere
gestito dal circuito o addirittura una coil difettata che produce un
cortocircuito
·
Un interruttore che rilevi le polarità del
transito della corrente e nel caso di inversione di polarità nell’inserimento della
batteria, protegga il circuito (anche
gli ottimi vecchi DNA30, in caso di inversione di polarità nell’inserimento
della batteria, andavano fuori uso).
E, cuore pulsante della box, l’amplificatore di potenza (o
di segnale, o di voltaggio, quale lo si voglia chiamare).
Come funziona? Essenzialmente uno stabilizzatore di
voltaggio può operare in due maniere distinte, o come “elevazione di voltaggio”
(amplificazione vera e propria) o tramite “doping elettrico” (il classico PWM).
| Il circuito del Provari di Provape, il primo "amplificatore e stabiliz- zatore di potenza da svapo |
Intanto, di partenza, il dispositivo valuta l’erogazione impostata dall’utente, che sia in voltaggio (come nei dispositivi meno recenti) o in watt, e nel caso dei watt opera un conteggio: voltaggio necessario = √(potenza in watt x valore di resistenza espresso in ohm), ad esempio con 20 watt impostati con una coil da 0.8 ohm il conteggio diventa radice quadrata di (20 x 0.8) = √16 quindi 4 volt da erogare.
Il circuito ad amplificazione di potenza rileva il voltaggio erogato dalla batteria che non è costante ma è variabile e tende ad abbassarsi durante la svapata e lo “amplifica” elevandolo e stabilizzandolo al valore impostato dall’utente.
La regolazione tramite PWM (pulse width modulation,
modulazione dell’ampiezza di pulsazione) avviene “aggiungendo” alla corrente
erogata dalla batteria un secondo segnale ad hoc per ottenere i risultati
voluti.
Molto diffuso, il PWM è la modalità con cui a casa nostra l’illuminazione a LED
cambia colore (essendo il voltaggio di alimentazione fisso a 5 o 12 volt e
tipicamente a 60 hz in corrente alternata, il controller aggiunge una seconda
frequenza che “avverte” i diodi dei nostri LED quale colore debbono emettere
quando accesi, o, per gli appassionati di meccatronica, viene usato per
controllare i motori passo-passo dei dispositivi di precisione.
Modalità abbastanza “antica”, patrimoni delle prime box a
doppia batteria made in USA 12/15 anni fa, opera in maniera più furba, “aggiungendo” un
secondo segnale modulato a quanto emesso dalla batteria in modo da generare una
risultante del voltaggio del valore desiderato.
| Uno dei primi dispositivi a stabilizzazione di voltaggio tramite PWM |
Differenza? Intanto, da un punto di vista di progettazione, un dispositivo ad amplificazione è di costruzione più complessa rispetto ad uno a pulsazione, quando ancora i circuiti da svapo non erano ancora stati inventati venivano già utilizzati dispositivi PWM (le “mamme” della HexOhm) utilizzando controller per usi industriali, quindi molto più facili da costruire e, altro aspetto tecnico, un circuito ad amplificazione tende ad essere meno efficiente e a lavorare con consumi energetici più alti rispetto ad un circuito che stabilizza il voltaggio tramite PWM.
Quindi, meglio il PWM? Dipende.
Una vecchia mod di qualche anno fa, la IPV 2 Mini (la prima versione, quella da
40 watt, circuito Yihi) dava la possibilità di commutare la stabilizzazione del
voltaggio tra DC ovvero stabilizzazione (abbastanza) tramite amplificazione e
PWM; se si svapava a resistenze più alte la differenza era meno percettibile,
con coil più reattive sub Ohm la modalità DC (a parità di coil e di watt
impostati) aveva consumi di batteria più elevati ma era più vivace e corposa
mentre in modalità PWM l’erogazione era sensibilmente più fiacca e richiedendo
di impostare anche 2 o 3 watt in più per avere la stessa resa in
vaporizzazione.
| La IPV2 Mini, la prima box in grado di poter funzionare, commutando la modalità di erogazione, sia ad amplificazione di voltaggio sia in PWM |
Una volta, la modalità in “amplificazione di voltaggio” era tipica dei dispositivi più cari (il Provari, i Dicodes Dani, il Semovar di Svoemesto e i primi DNA20 e 30) che, a fronte di consumi di batteria più elevati, avevano un’erogazione più piena, corposa e soddisfacente mentre i circuiti in modalità PWM erano molto più semplici da progettare quindi più economici, quindi molto utilizzati da dispositivi economici (le prime box cinesi), un esempio del quale fu la prima iStick 20 watt di Eleaf che venne inizialmente annunciata come in grado di gestire fino a 20 watt con coil fino a 0.5 ohm di minimo di resistenza ma che dopo una prima batch è stata bloccata ad 1 ohm, probabilmente perché si erano accorti che un dispositivo da 20 watt in PWM aveva, utilizzando coil a bassa resistenza, una erogazione di una fiacchezza mortificante.
E come si distinguono? A gusto, ma se si ha un amico
elettrotecnico dotato di un oscilloscopio, l’erogazione in amplificazione
genera diagrammi che sembrano disegnati con riga e squadra, un circuito PWM
invece genera una forma d’onda più o meno fluttuante, “tremula”.
E le box cinesi di qualità medio alta e di prezzo accessibile? Yihi (gran
furboni) costruì i primi circuiti di tipo “ibrido” ovvero creano una
stabilizzazione del voltaggio approssimativa tramite amplificazione andando a
“rifinire” di precisione il voltaggio tramite PWM, è il motivo per cui già la
SX Mini M-Class era dotata di quattro modalità di erogazione, Eco, Soft,
Standard, Power, Powerful con consumi crescenti e la cui maggior aggressività
in erogazione veniva garantita sia tramite preheat (potenza iniziale lievemente
più elevata all’attivazione, per una frazione breve di tempo) sia tramite un
utilizzo decrescente della stabilizzazione tramite PWM sulle modalità di
erogazione più “vivace”, motivo per cui, in scarica, l’oscilloscopio non
evidenza un diagramma perfettamente a linea retta ma solo minimamente
frastagliato a box attivata.
Altro aspetto, i circuiti Yihi da 200 watt in doppia batteria in serie erogano
“normale” fino a 150 watt e aggiungendo fino a 50 watt extra tramite boost PWM.
Altro aspetto che qualifica la qualità di un circuito è
l’efficienza: ovvero fino a quanto riescono ad amplificare il segnale: un DNA40
big screen di Evolv, assieme allo Starplat 75 forse il circuito più efficiente
mai prodotto, riesce a generare 25 watt fino a batteria quasi scarica e andando
in blocco segnalando “Weak battery” solo all’ultima tacca di carica, la vecchia
Dovpo E-Mech (ma elettronica malgrado il nome, era stata chiamata così perché
disegnata e progettata per ricordare i Transformers della Hasbro) malgrado i
suoi modesti 30 watt massimi già a 15 watt impostati al 50% di carica di
batteria iniziava ad erogare casualmente meno dell’impostato, un po’ come
all’estrazione dei numeri della tombola.
Altro aspetto, più fine, il “palato” dello svapatore: un
circuito ben progettato, anche con una svapata bella lunga con una coil in
nichrome da 0.7/0.8 ohm garantisce una
sensazione stabile e continuata mentre il circuito (anche di certe box cinesi
attualmente molto vendute) di basso livello da una percezione di vaporizzazione
“a singhiozzo”, con una erogazione elettrica discontinua e non perfettamente
stabilizzata.
Quindi, non è vero che “le box da svapo sono tutte uguali”:
anche in questo caso, depennando i circuiti di prodotti low cost che costano
poco ma durano niente e rendono di meno, ogni circuito ha sue particolarità
proprie che lo rendono adatta ad un certo tipo di svapo specifico.
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